Reclami: il livello più alto dal 2013
Lo scorso anno le tre camere della CSL hanno valutato complessivamente 97 reclami, come emerge dal rapporto annuale 2019, di questi ne hanno accolti la metà, respinto il 36% e nel 14% dei casi non sono entrate nel merito.
Il numero di procedure di reclamo è salito nuovamente e ha sfiorato i 100 casi nel 2019. Si tratta del livello più alto dal 2013, da allora il numero è oscillato tra 63 e 95. Questa fluttuazione non ha un motivo specifico, anche se talvolta singoli temi sono «congiunturali» come il non rispetto dell’adesivo «Niente pubblicità», il marketing telefonico aggressivo o la pubblicità del tabacco, che è stata al centro dell’attenzione nell’ambito della prima deliberazione sulla legge federale sui prodotti del tabacco (LPTab).
Dei complessivi 97 reclami, 8 (8%) riguardavano reclami contro la concorrenza da parte di un’azienda nei confronti di un concorrente. Le tre camere hanno accolto circa il 50 per cento dei casi di reclamo, hanno respinto il 36 per cento e per il 14 per cento non sono entrate nel merito. Dei cinque ricorsi giudicati dall’Assemblea plenaria delle tre camere, la CSL ne ha accolto uno.
Basi giuridiche: quasi sempre la LCSI
Uno scarso 12 per cento di tutti i reclami riguardava leggi e direttive come la legge sulla protezione dei marchi o sulla protezione degli stemmi, l’ordinanza sull’indicazione dei prezzi (OIP) oppure il Codice della Camera di Commercio Internazionale (ICC) per la comunicazione di marketing. Tutte le altre decisioni della Commissione per la Lealtà erano fondate sulla legge federale contro la concorrenza sleale (LCSI). Ciò dimostra da un lato quanto è importante la LCSI per la correttezza nella pubblicità in generale e per i principi della CSL in particolare. D’altro canto conferma come le decisioni della Commissione per la Lealtà non sono prese in una situazione di vuoto legislativo, ma si basano principalmente sui suoi principi, che sono un’interpretazione settoriale delle disposizioni in materia di concorrenza sleale e in particolare della LCSI. Ciò significa che a prescindere da un reclamo presso la CSL, si possono sempre adire le vie legali contro una pubblicità sleale.
Fattispecie: discriminazione di genere e metodi pubblicitari e di vendita aggressivi
Per quanto concerne le fattispecie, la media a lungo termine evidenzia che solitamente ritornano con maggiore frequenza gli stessi due principi. Da un lato la «comunicazione commerciale sessista» (B.8), e dall’altro i «metodi pubblicitari e di vendita aggressivi a distanza» (C.4); ciò è stato confermato anche nel 2019 con il 22,5% e il 12,4% di tutti i reclami. Le oscillazioni all’interno delle fattispecie sono puramente casuali. Non casuali sono invece i reclami secondo il principio B.15, che con il 19,1% del totale dei casi ha raggiunto i due motivi più ricorrenti. Tale principio esige che la comunicazione commerciale «a prescindere dalla forma in cui è presentata o dal mezzo utilizzato» sia immediatamente riconoscibile come tale dal consumatore medio.
Canali media: naturalmente internet
Il motivo dell’aumento che ha interessato il principio B.15 sono i numerosi reclami della Fondazione per la protezione dei consumatori SKS nei confronti di noti influencer svizzeri. Nei loro post in Instagram non avrebbero indicato chiaramente o non avrebbero indicato del tutto che erano stati postati principalmente per motivi commerciali. Il ragguardevole numero di simili reclami ha contribuito al fatto che internet è nettamente al primo posto tra tutti i canali media interessati, con il 37,3% dei casi totali. Questo riflette più o meno lo sviluppo nel mercato pubblicitario complessivo. Dopo internet, il marketing diretto e la pubblicità esterna attirano il maggior numero di reclami, mentre il numero di reclami contro le campagne stampa è nettamente diminuito negli ultimi tre anni dal 17 al 7 per cento.
Il rapporto annuale può essere scaricato gratuitamente dal sito della CSL (faire-werbung.ch) o richiesto in forma cartacea alla segreteria CSL: 044 211 79 22, info@lauterkeit.ch.
Thomas Meier
Responsabile della comunicazione
Pubblicità leale ai tempi delle fake news
Secondo il rapporto annuale 2017 della Commissione Svizzera per la Lealtà, l’anno scorso le tre camere arbitrali hanno esaminato complessivamente 82 reclami. Di questi il 55% è stato accettato, il 41% respinto e per il 4% dei reclami la Commissione non è entrata nel merito. La decisione in prima lettura non è stata accettata da 13 soggetti che hanno presentato ricorso e tutti l’hanno perso. I resoconti nei cinque comunicati stampa e nelle proprie ricerche da Activmag a Watson hanno generato quasi 50 richieste.
Gli sviluppi del settore dei media possono essere letti anche attraverso le decisioni della Commissione Svizzera per la Lealtà. Se nel 2009 solamente poco meno del 10% dei reclami riguardava la pubblicità sleale online, l’anno scorso questa percentuale ha superato il 38%. Anche se nei prossimi anni questa percentuale è sicuramente destinata ad aumentare ulteriormente, passerà ancora del tempo prima che sia superato il record attuale. Poco prima del passaggio al nuovo millennio il numero dei reclami contro le misure di pubblicità diretta ha raggiunto il punto culminante con oltre il 70% di tutti i reclami. Dopodiché questa cifra è costantemente diminuita e dal 2010 oscilla tra il 10 e il 15% di tutti i reclami.
Lieve calo dei reclami individuali
Un andamento simile riguarda i reclami per telefonate o messaggi via fax nonostante l’asterisco. Se poco dopo l’inizio del nuovo millennio i reclami su questo tema erano inferiori al 10%, a seguito dell’aumento di queste telefonate, imputabili soprattutto alle casse malati, nel 2011ha raggiunto quasi il 60% di tutti i reclami. Questa impennata ha portato a un’integrazione della legge federale contro la concorrenza sleale (LCSl) con disposizioni speciali sul marketing telefonico in vigore dal 1° aprile 2012. Da tale data è possibile presentare i corrispondenti reclami anche alla SECO – che da allora ne è letteralmente sommersa – e alle organizzazioni dei consumatori. Di conseguenza è in continua diminuzione il numero dei cosiddetti reclami individuali presentati alla CSL: l’anno scorso non è arrivato a toccare nemmeno il 7%.
In aumento i reclami contro la concorrenza
Quasi l’11% di tutti i reclami presentati nel 2017 è costituito dai cosiddetti reclami contro la concorrenza. Questi reclami sono indirizzati alla pubblicità di un concorrente dello stesso settore e nella maggior parte dei casi sono estremamente complessi sotto il profilo giuridico. Ciò dimostra che le aziende apprezzano sempre di più la possibilità di ottenere una valutazione della pubblicità di un concorrente senza grande impegno, in breve tempo e a costi contenuti. Tanto più che, grazie alla competenza dei membri delle camere arbitrali e degli esperti, una decisione di questo tipo si avvicina molto a una sentenza del tribunale. Per quanto riguarda i settori, non ne emerge uno in particolare. Il settore maggiormente rappresentato, ossia «bevande e alimentazione», raggiunge il 10% di tutti i reclami, seguito da «tempo libero, turismo, alberghi e ristorazione» nonché «cosmetica e cura del corpo». Colpisce la diminuzione del numero di reclami legati a banche ed assicurazioni che si attesta al 2%, anche a seguito dell’inasprimento delle disposizioni sul marketing telefonico.
Metodi di vendita meno aggressivi
In merito alle fattispecie, i metodi di vendita aggressivi hanno lasciato il primo posto in classifica, detenuto da anni, passando da quasi il 26% al 17%. In percentuale il maggior numero di reclami riguarda la pubblicità discriminatoria rispetto al genere sessuale, che passa dal 12 a oltre il 18% di tutti i casi. Attualmente non è possibile intravedere in questo fenomeno una chiara inversione di tendenza. In generale non è quasi mai possibile spiegare in modo plausibile le forti oscillazioni nelle fattispecie, quest’anno riguardanti ad esempio l’onere della prova (dal 12 al 7%) o il termine «comunicazione commerciale» (dal 5 a oltre il 12%). Suddividendo le fattispecie a seconda delle rispettive basi legali, emerge che il 40% di tutti i reclami si riferisce all’art. 3 cpv. 1 lett. b LCSl che recita «Agisce in modo sleale chiunque dà indicazioni inesatte o fallaci su se stesso, la propria ditta, la designazione della propria impresa, le proprie merci, opere, prestazioni o i loro prezzi, le proprie scorte, i propri metodi di vendita o le proprie relazioni d’affari oppure, con tali indicazioni, favorisce terzi nella concorrenza».
Pubblicità leale e fake news: un tema molto presente sui media
Lo scorso anno la CSL ha ricevuto da parte dei media 48 richieste, cinque in più rispetto all’anno precedente. Ciò lascia presagire che ai tempi delle fake news e della stampa ingannevole il tema della pubblicità leale sia sempre più di attualità come parte della tutela dei consumatori. Il tema più trattato con 12 richieste è la pubblicità discriminatoria rispetto al genere sessuale insieme a domande sull’immagine della donna nella pubblicità. Sui media registra una sempre maggiore risonanza la pubblicità online, nello specifico il native advertising e la pubblicità mediante influencer, anche se in merito la CSL non ha ancora ricevuto nessun reclamo.
Il rapporto annuale può essere scaricato gratuitamente dal sito della CSL (faire-werbung.ch) o richiesto in forma cartacea alla segreteria CSL: 044 211 79 22, info@lauterkeit.ch.
Thomas Meier
Responsabile della comunicazione
L’anno in esame, il 2016, è stato vissuto all’insegna del 50° anniversario dell’autoregolamentazione nel settore della comunicazione. Questo non significa tuttavia che la Commissione Svizzera per la Lealtà (CSL) abbia trascurato il proprio mandato. Tutt’al contrario. Secondo il rapporto 2016, l’anno scorso le tre camere arbitrali hanno esaminato complessivamente 95 reclami, ossia ben 24 in più dell’anno precedente. Ne hanno accettata quasi la metà mentre 13 reclami sono sfociati in una procedura di ricorso. Anche le richieste alla segreteria giuridica e al responsabile dei media sono aumentate, attirando una notevole attenzione sulla CSL.
Nell’anno dell’anniversario, la Commissione ha organizzato numerose attività per promuovere la lealtà nella comunicazione commerciale, non solo per festeggiare il traguardo raggiunto ma anche allo scopo di sensibilizzare maggiormente il settore della comunicazione nonché politici, media e consumatori sull’importanza dell’autoregolamentazione. Tra le iniziative si contano ad esempio l’incontro di sessione del gruppo parlamentare Media e comunicazione (GMC) con l’ex presidente CSL, la consigliera federale Doris Leuthard, interventi durante la Giornata della pubblicità e la Giornata della marca di Promarca, una mostra di casi pratici allestita alla galleria ADC e un convegno presso l’Europa Institut dell’Università di Zurigo. A destare il maggior interesse è stata tuttavia l’ammiccante campagna pubblicitaria per l’anniversario realizzata da Havas Zurigo, questo grazie al generoso freespace dedicatole nei media e soprattutto sui cartelloni dell’APG. I tre soggetti drammatizzavano i classici motivi all’origine dei reclami che vengono presentati alla CSL: pubblicità aggressiva (una fetta di torta che mostra aggressiva i suoi «denti»), pubblicità discriminatoria rispetto al genere sessuale (una banana provocante che si spoglia della sua buccia) e pubblicità ingannevole (un ghiacciolo con un naso lungo). Una panoramica delle attività svolte è disponibile alle pagine 40-43 del rapporto annuale nonché sul sito faire-werbung.ch nella sezione «Anniversario».
Interrotta una tendenza
Nell’anno dell’anniversario, la tendenza decrescente dei reclami riscontrata negli ultimi due anni precedenti il 2016 si è interrotta. Dopo i 71 reclami del 2015, nell’anno in esame il numero si è attestato a quota 95, segnando un aumento di ben il 30 percento. Sono state prese 80 decisioni, di cui poco meno della metà a favore dei reclami presentati; il 44 percento è stato invece respinto e quasi nel 7 percento dei casi la Commissione non è proprio entrata nel merito. Tra le fattispecie oggetto dei reclami (rapporto annuale, pagina 28) la parte del leone è stata fatta anche questa volta dai metodi di vendita aggressivi, sebbene costituiscano solo un buon quarto di tutti i reclami, contro un terzo nel 2015. Pressoché invariata è rimasta la quota di reclami per discriminazione sessuale (12%), immediatamente seguita dalla fattispecie dell’onere della prova: «Ogni inserzionista deve poter provare la correttezza delle proprie affermazioni pubblicitarie» (principio n. 1.9). Sono più che raddoppiati invece i reclami contro la pubblicità comparativa, anche in termini assoluti (11 anziché 5). In tutti i casi si è trattato di cosiddetti reclami contro la concorrenza, nei quali un’impresa giudica sleale la pubblicità di un concorrente.
Nessuna correlazione con gli sviluppi sociali o politici
Per quanto concerne i settori, non sono più le banche e le assicurazioni gli operatori più contestati (contro di loro è stato presentato il 7,6% dei reclami contro il 16,6% nel 2015). Ciò trova conferma nella flessione registrata dalla fattispecie «metodi di vendita aggressivi», in quanto questi reclami riguardano perlopiù le telefonate aggressive delle casse malati. Il nuovo «leader», con quasi il 12 percento dei reclami complessivi, è il settore bevande e alimentazione, seguito da casa e giardinaggio (9%). In generale, il fatto che alcuni settori mostrino forti oscillazioni da un anno all’altro non è legato in alcun modo agli sviluppi sociali o politici. Fa eccezione il settore alcol e tabacco, che nel 2013 e nel 2014 aveva registrato un notevole incremento dei reclami a fronte della discussione attorno alla nuova legge sui prodotti del tabacco (LPTab) ma che nel frattempo è tornato in secondo piano con solo qualche reclamo.
Aumentato ulteriormente l’interesse dei media
Se nel 2015 il responsabile della comunicazione e il Segretario giuridico hanno ricevuto poco meno di trenta richieste dai media, nell’anno dell’anniversario sono state 37. Questo mostra chiaramente che l’interesse nei confronti dei casi trattati dalla Commissione Svizzera per la Lealtà e in generale per il tema della pubblicità leale come parte della tutela dei consumatori è ulteriormente aumentato. Questo è tanto più degno di nota se si considera che solo quattro erano incentrate sull’anniversario. Le richieste hanno riguardato soprattutto pubblicità ingannevoli e discriminatorie rispetto al genere sessuale compreso il bodyshaming (in totale 15).
Il rapporto annuale (in francese e in tedesco) può essere scaricato gratuitamente dal sito della CSL (lealtà-nella-pubblicità.ch) o richiesto in forma cartacea alla segreteria CSL: 044 211 79 22, info@lauterkeit.ch.
Thomas Meier
Responsabile della comunicazione Commissione Svizzera per la Lealtà
Cresce la complessità dei reclami
Secondo il rapporto 2015 della Commissione Svizzera per la Lealtà (CSL), l’anno scorso le tre camere arbitrali hanno esaminato complessivamente 71 reclami e 4 ricorsi, accettandone il 53,4 per cento, ossia quasi l’8 per cento in più rispetto all’anno precedente. Il numero di procedure di ricorso e di procedure preliminari, nonché di richieste alla segreteria giuridica ha nuovamente registrato una diminuzione. È ulteriormente aumentato invece il grado di complessità dei reclami.
La tendenza dello scorso anno verso una diminuzione dei reclami è proseguita anche nell’anno in esame. «Considerata la crescente complessità dei reclami interpretiamo questo calo come un risultato positivo del nostro operato; i mandanti pubblicitari e le agenzie hanno preso piena consapevolezza di cosa significhi pubblicità leale o sleale», spiega Marc Schwenninger, Segretario giuridico della CSL. «Le aziende apprezzano la possibilità di ottenere in brevissimo tempo una valutazione della pubblicità di un concorrente – analoga a una sentenza di un tribunale – mediante un reclamo poco oneroso e a costi contenuti.» Proporzionalmente l’esame dei singoli casi e l’elaborazione delle motivazioni dei reclami richiede quindi un sempre maggiore impegno al Segretario giuridico, alla ventina di membri onorari delle camere e agli esperti.
I consumatori possono difendersi meglio dalla pubblicità sgradevole
La diminuzione dei reclami si spiega inoltre con l’entrata in vigore della legge federale contro la concorrenza sleale (LCSI). Dall’inizio del 2012 i cosiddetti reclami individuali (questioni riguardanti il recapito di mailing indesiderati, telefonate e fax pubblicitari ecc.) possono essere presentati anche alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Contemporaneamente, per elaborare questo tipo di reclami la CSL ha introdotto una tassa di CHF 50.– che ne ha provocato un forte calo. «Bisogna aggiungere inoltre», prosegue Schwenninger, «che anno dopo anno i consumatori dispongono di mezzi sempre più efficaci per difendersi autonomamente dalla pubblicità invadente e aggressiva. Partendo dagli adesivi «No pubblicità» agli asterischi negli elenchi telefonici fino al tasto replay del telecomando TV e agli adblock in Internet.»
Aumenta ulteriormente l’interesse dei media
L’importanza della CSL emerge anche dal crescente interesse manifestato dai media nei confronti della Commissione: il responsabile della comunicazione o il Segretario giuridico sono stati contattati quasi trenta volte. La maggior parte delle richieste si fonda su ricerche proprie dei media, verso le quali la CSL ha ripetutamente preso posizione in merito a questioni fondamentali. Informazioni di questo genere, che non prevedono una valutazione di soggetti pubblicitari, sono state fornite dalla CSL, mentre tutte le richieste concrete sono state respinte poiché l’esame dei reclami è di competenza delle tre camere arbitrali.
I reclami riguardano perlopiù i metodi di vendita aggressivi
Tra le fattispecie contro cui è stato presentato un reclamo nel 2015 (rapporto annuale, pagina 24) la parte del leone è svolta come sempre dai metodi di vendita aggressivi, anche se con un calo di 5 punti percentuali rispetto al 2014. Ora costituiscono un terzo di tutti i reclami, seguiti da discriminazione sessuale con quasi il 13 per cento. La fattispecie «tabacco e alcol», fortemente aumentata nel 2013 e 2014, è diminuita del 9 per cento toccando quota 1,7 per cento. Evidentemente lo scorso anno la nuova legge sui prodotti del tabacco (LPTab) non ha più avuto un ruolo di spicco. In forte aumento invece la fattispecie dell’onere della prova: «Ogni inserzionista deve poter provare la correttezza delle proprie affermazioni pubblicitarie» (principio n. 1.9 della CSL). Per quanto riguarda i settori, anche nel 2015 la maggior parte dei reclami ha riguardato soggetti pubblicitari di banche e assicurazioni (telefonate aggressive delle casse malati) e la vendita per corrispondenza. In netto calo invece i reclami contro le società di telecomunicazione e – analogamente alla diminuzione delle fattispecie – quelli contro il settore alcol e tabacco.
Iniziativa parlamentare per l’autoregolamentazione
Attualmente i tribunali statali si trovano di fronte a gravi problemi, trai più diffusi il sovraccarico cronico, la lunga durata dei procedimenti, l’eccesso di burocrazia, i costi elevati, le insufficienti conoscenze settoriali e i considerevoli ostacoli all’accesso alla giustizia per i consumatori. In questo contesto la presidente della CSL, la consigliera nazionale Christine Bulliard-Marbach, ha presentato nella sessione estiva 2015 l’iniziativa parlamentare «Inserire l’autoregolamentazione tra gli aspetti da esaminare nei messaggi e nei disegni di atti legislativi». L’iniziativa chiede che nel caso di nuove disposizioni legali limitanti la libertà economica, nel relativo messaggio sia obbligatorio esaminare se gli obiettivi della normativa in questione non possano essere raggiunti con altrettanta o maggiore efficacia lasciando che il settore interessato continui ad autoregolamentarsi o invitandolo a farlo. La posizione di Christine Bulliard-Marbach è condivisa anche dall’OCSE, dall’Unione europea e dal Consiglio federale svizzero. L’approccio secondo cui autodeterminazione e responsabilità individuale debbano essere prioritarie rispetto alla regolamentazione statale si è affermato anche nella nuova legge sul credito al consumo (LCC), entrata in vigore il 1° gennaio 2016. La LCC vieta la pubblicità aggressiva, ma lascia al settore specifico il compito di definire cosa sia da considerare «aggressivo». In caso di violazione di questa autoregolamentazione è possibile presentare un reclamo alla Commissione Svizzera per la Lealtà. La CSL ha già stipulato analoghe convenzioni con le organizzazioni dei settori bevande alcoliche, prodotti del tabacco e direct marketing.
Il rapporto annuale (in francese e in tedesco) può essere scaricato gratuitamente dal sito della CSL lealtà-nella-pubblicità.ch o richiesto in forma cartacea alla segreteria CSL: 044 211 79 22, info@lauterkeit.ch.
Thomas Meier
Responsabile della comunicazione della Commissione Svizzera per la Lealtà
(Deutsch) Die Selbstregulierung gewinnt an Bedeutung
(Deutsch) Hohe Akzeptanz in der Kommunikationsbranche
Ci spiace, ma questo articolo è disponibile soltanto in Tedesco.
Ci spiace, ma questo articolo è disponibile soltanto in Tedesco.
- 1
- 2